martedì 27 novembre 2012

L’evidenziatore tra le pagine #3

Sulla provinciale Grosseto-Livorno, intanto, un automobile procedeva cigolando.
In fondo, rannicchiato nell’ultima fila, l’unico passeggero guardava fuori con la tempia appoggiata al finestrino.
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L’autista diede un’occhiata nello specchietto retrovisore: temeva che il passeggero si fosse addormentato.
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Procedendo da Follonica verso Piombino, la campagna diventa acquitrino e poi sterpaia. 
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Francesca guardava assonnata. L’Enel e la Dalmine-Tenaris torreggiavano in quel tratto disabitato di costa. Tra un canneto e l’altro, tra una pineta e l’altra di Torre Mozza, Riva Verde, Perelli, intercettava il mare navigato a quest’ora dai pescherecci di ritorno.
Adesso che superavano il Gagno e si avvicinavano al Cotone, Francesca poteva distinguere le gru e le ciminiere. I grandi bracci di lamiera e la ruggine dei forni, quelli attivi e quelli spenti.
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Aveva tanto sonno. Stropicciava gli occhi gonfi, il viso contro il finestrino appannato di condensa. Tornava a casa.
Allo svincolo per il porto, una fila di auto incolonnate procedeva a passo d’uomo. era la coda per imbarcarsi. Le biciclette assicurate con le funi ai tettucci, le moto d’acqua, i windsurf trainati ai carrelli.
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Se ne stava chiusa fra i sedili vuoti, nel corpo stropicciato. I jeans strappati al ginocchio, le scarpe da tennis e una t-shirt larga. Sobbalzava a tratti sul Menarini arancione degli anni Ottanta. Si teneva accanto lo zainetto con le cose del Gilda, la trousse dei trucchi, i perizomi, i vestitini corti di strass che lasciano la schiena nuda.
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Francesca sbadigliava, spannava il finestrino con la manica della maglietta. I lunghi capelli biondi raccolti sulla nuca, lo smalto rosso scrostato sulle unghie. Non aveva nessuno spettatore adesso. Eccetto l’autista che ogni tanto la guardava riflessa nello specchietto e si domandava cosa ci facesse, quell’incrocio tra bambina e ragazza, sperduta in autobus vuoto a quell’ora del mattino. 
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L’autobus frenò al semaforo, davanti alla concessionaria Piaggio. Quando fu verde,svoltò a destra verso Salivoli.
Francesca si alzò in piedi, prenotò la fermata. Guardò il lungomare Marconi correre sul finestrino, la siepe di oleandri rosa, le cabine telefoniche prese a sprangate. La luce irradiava impietosa il suo viso sgualcito.
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Scese dall’autobus.

“Acciaio” S. Avallone



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